L’Engelberta (Zeno e Pariati), Milano, Ghisolfi, 1708

 ATTO QUINTO
 
 Luogo di sepolcri imperiali, dove sta nel mezzo quel di Engelberta, più degli altri maestoso.
 
 SCENA PRIMA
 
 LODOVICO e BONOSO
 
 BONOSO
1320Vedi, signor. L’ultima pompa è questa
 de l’estinta innocente.
 LODOVICO
 Vacilla il passo e gir non osa il guardo,
 ove lo chiama un disperato amore.
 BONOSO
 Ti discolpa il tuo pianto.
 LODOVICO
1325Se nol vede Engelberta, e chi mi assolve?
 BONOSO
 Il tuo stesso dolor.
 LODOVICO
                                    Piangasi adunque
 il suo torto e ’l mio danno;
 e perché sia maggiore il pianto e ’l duolo,
 in braccio a’ mali miei lasciami solo.
 BONOSO
 
1330   Quell’anima innocente
 ascolti i tuoi sospiri
 e miri le tue lagrime;
 poi ti perdonerà.
 
    A reo, che ben si pente,
1335è un facile trionfo
 la tenera pietà.
 
 SCENA II
 
 LODOVICO solo
 
 LODOVICO
 Ossa onorate e care,
 poiché giugner non puote il mesto pianto
 a richiamare in voi l’alma smarrita,
1340deh! soffrite che imprima in su quest’urna
 il mio povero amore un baccio almeno,
 un baccio che dal core (Si avicina al sepolcro)
 non men l’error che ’l pentimento afferma.
 ECO
 Ferma.
 LODOVICO
1345Ferma? Han senso anche i marmi?
 Ah! Se l’avete, udite,
 marmi, il giusto mio affanno e ’l compatite.
 
    Cari sassi, a l’ossa amate
 deh! portate i miei lamenti.
 
 ECO
 
1350Menti.
 
 LODOVICO
 
    «Menti» dite; e pur del core
 fa ’l dolore un crudo scempio.
 
 ECO
 
 Empio.
 
 LODOVICO
 
    Empio! Ah! Più nol ripetete,
1355che accrescete i miei tormenti.
 
 ECO
 
 Menti.
 
 LODOVICO
 
    Cari sassi, a l’ossa amate
 deh! portate i miei lamenti.
 
 VOCE DI DENTRO
 
    Empio, taci; un’alma casta
1360tel contrasta e dice: «Menti».
 
 LODOVICO
 Che sento? In mia condanna
 le tombe han vita?... Ove son io?... Qual puro
 fulgor s’apre a’ miei lumi?... E che rimiro? (Si aprono tutti i sepolcri che con la loro lucida trasparenza figureranno una imagine de’ Campi Elisi; e da uno di essi uscirà Engelberta, tutta di bianco nobilmente vestita)
 
 SCENA III
 
 ENGELBERTA e LODOVICO
 
 ENGELBERTA
 Miri Engelberta, quella
1365che tua direi, se tua più fosse. Il fato
 non pietoso ma irato a te mi rende.
 Questo, che intorno splende,
 raggio immortal seguimmi
 da’ lieti Elisi ove consorte impura,
1370ove donna infedele ho ’l mio riposo;
 quella vedi, empio mostro, iniquo sposo.
 LODOVICO
 È gioia? È speme? È error? Sogno? Traveggio?
 ENGELBERTA
 Non sogni, no; de la tradita sposa
 queste son le sembianze. Essa ti parla,
1375essa che un empio, un traditor ti chiama.
 LODOVICO
 Tal dunque a me tu riedi?
 ENGELBERTA
 E tal tu vieni  a la mia tomba? Ancora
 un falso pianto e vano
 de le ceneri mie turba la pace?
 LODOVICO
1380Falso il mio pianto? Ah! S’egli è ver che scarche
 del lor peso mortal l’alme beate
 leggano appien de’ nostri cori i voti,
 vedi il mio...
 ENGELBERTA
                          Già lo viddi. Un cor che cieco
 mancò a l’amor col non udirlo, un core
1385che complice si fa del tradimento,
 credendo al traditore.
 LODOVICO
 È ver; ma ’l mio dolore è tua vendetta.
 ENGELBERTA
 Duol che l’onte non toglie, accresce l’onte
 e pena gli si dee, più che perdono.
1390Parti; né più ti vegga un’ombra offesa
 funestar questi sassi.
 LODOVICO
 Con l’odio di Engelberta?
 ENGELBERTA
                                                 Odio ch’è giusto
 rispetto insegni e non audacia a’ rei.
 LODOVICO
 Incauto errai.
 ENGELBERTA
                            No no, perfido errasti.
1395Il tuo amor, la mia fé toglier dovea
 a te il sospetto, a me il periglio. Vanne.
 LODOVICO
 Senza perdon?
 ENGELBERTA
                              Noi merti, o dispietato.
 LODOVICO
 Mira quale io mi sia.
 ENGELBERTA
                                         Sei un ingrato.
 LODOVICO
 Concedi che un amplesso...
 ENGELBERTA
1400Frena il vano desir. La bianca luce,
 che tutta or mi circonda, a te fa fede
 de l’innocenza mia; ma non ti lice
 profanar l’innocente.
 LODOVICO
                                         Ed io ti uccisi?
 O colpa! O cecità!
 ENGELBERTA
                                   Vane querele.
 LODOVICO
1405Più non sono qual fui.
 ENGELBERTA
                                           Sei un crudele.
 LODOVICO
 E tal dunque si muora.
 Ben tosto, o mia Engelberta,
 la tua vittima avrai.
 Ti plachi il sangue, ove non giova il pianto.
1410Avessi almen quel ferro
 che ’l sen t’aprì; s’ei pur m’aprisse il petto,
 che bel morir! Ma sciolta
 che sia l’alma infelice, a lei tu almeno
 stendi le amiche braccia e negli Elisi
1415teco la guida; o quando ella vi giunga,
 non ricusarle un dolce sguardo, in segno
 del tuo perdon. Felice,
 se a quest’ultimo voto almen consenti.
 Cara Engelberta, addio.
 ENGELBERTA
                                              Fermati e senti.
1420Vivi; e s’è ver che temi
 l’odio mio, vivi, o sposo. Un sì bel nome
 t’insegni a vendicarlo.
 Vanne. Augusto e marito, a l’innocenza
 reca pubblica aita
1425e l’onor tuo ne l’onor mio difendi;
 poscia il perdon, se pur lo brami, attendi.
 
    Vivi per mio comando
 ma vivi sospirando;
 e vendica il mio onor.
 
1430   Da te benché tradita,
 punir vuo’ la tua colpa
 ma sol con la tua vita
 che sia per me discolpa
 e sia per te dolor.
 
 SCENA IV
 
 LODOVICO e poi METILDE
 
 LODOVICO
1435Sì, la vendetta avrai; ma poi non so
 se qual vuoi senza te viver potrò.
 Metilde? (Ah! La sua vista
 è un nuovo duol).
 METILDE
                                   (Qui augusto).
 Dovea dunque, signor...
 LODOVICO
                                              Risparmia, o bella,
1440i tuoi sdegni ad altr’uopo. Altra vendetta
 or da me non esiga il tuo furore
 che quella di vederla entro il mio core.
 
    È ’l mio cor tra varii affetti
 qual tra’ venti è navicella.
 
1445   Tutti insieme
 lo dibattono, il combattono.
 Un qua ’l preme, un di là ’l fiede;
 ma sospinto e risospinto
 il naufraggio ancor non vede,
1450perché troppa è la procella.
 
 SCENA V
 
 METILDE e poi ARRIGO
 
 METILDE
 Mi fa pietà ma giova
 di Engelberta a la fama il suo tormento.
 Il mio caro Bonoso
 già mi affidò di Lodovico i cenni
1455e la bella pietà della sua fede.
 ARRIGO
 A la dolce tua fiamma il cor sen riede.
 METILDE
 Arrigo.
 ARRIGO
                 Principessa,
 la virtù de la madre
 fortuna è de la figlia. Un certo grido
1460ch’ella morì innocente or mi richiama
 al mio laccio primiero.
 METILDE
 Chi una volta ne uscì, più non vi rieda.
 ARRIGO
 Or sì Metilde umil piace ad Arrigo.
 METILDE
 Ma non pace a Metilde Arrigo altero.
 ARRIGO
1465Di mia bontà ti abusi.
 METILDE
 Perdona, e che vorresti?
 ARRIGO
 Saper come tu accolga
 il mio cor che ritorna al primo ardore.
 METILDE
 No no, resti dov’è.
 ARRIGO
1470Per mio novo comando,
 ei rivola al tuo seno.
 METILDE
                                       Ed io, signore,
 qui comando al mio sen che nol riceva.
 ARRIGO
 Come?
 METILDE
                 Dissi.
 ARRIGO
                              Mi osserva.
 METILDE
                                                     Io ben il vedo.
 ARRIGO
 M’ami?
 METILDE
                  Non posso.
 ARRIGO
                                        Eh! Mi amerai.
 METILDE
                                                                      Nol credo.
 ARRIGO
 
1475   Prendi il mio cor ch’è cor d’un re che t’ama.
 È vanto troppo rio
 cercar, idolo mio,
 dal mio penar diletto e fama.
 
 METILDE
 
    Sprezza il mio cor il cor d’un re che m’ama.
1480E col tuo amor non curo di regnar.
 Se un cor che ti disprezza
 fa oltraggio a tua grandezza,
 lascia d’amar chi non ti brama.
 
 
 
 
 

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